Dal 14 dicembre al 17 aprile 2022
Fino al VI secolo circa, la società giapponese era una società che manteneva ancora elementi di tipo tribale e una forte impronta matriarcale: grazie anche allo shintoismo, che attribuiva grande considerazione alle donne per la loro capacità di generare la vita, in Giappone non mancavano sacerdotesse, regine e dee.
Con l’arrivo del buddhismo e del confucianesimo le cose cambiarono drasticamente: la donna perse gradualmente il suo ruolo sociale e fu obbligata all’obbedienza all’uomo, padre, fratello o marito. Eppure, nonostante il ruolo di subordinazione a cui le si voleva relegare, le donne, in particolare quelle appartenenti all’aristocrazia o alla corte imperiale, continuarono a godere di stima, rispetto e anche di una parziale libertà, soprattutto in ambito amoroso.
È proprio grazie all’amore, ai diari e ai carteggi fra amanti, che nacque la letteratura giapponese: se i contratti e i documenti ufficiali erano appannaggio maschile, le opere letterarie presero vita dall’ingegno femminile. Attorno all’anno 1000, videro la luce opere chehanno attraversato i secoli e dettato le regole della letteratura nipponica, fra
cui i celeberrimi Genji Monogatari e Makura no Soshi, le Note del guanciale. Nel teatro giapponese avvenne qualcosa di ancora più peculiare: all’epoca della sua fondazione da parte di Izumo no Okuni, una ballerina itinerante, il teatro kabuki era una forma d’arte esclusivamente femminile. Gli spettacoli riscuotevano enorme successo presso tutte le classi sociali e cominciarono ad essere emulati persino nei bordelli, tanto che lo shogun decise di vietarli: attorno al 1630 le onna, termine giapponese per “donne”, furono rimpiazzate in scena da ragazzi, gli onnagata (letteralmente “a forma di donna”), uomini travestiti con abiti femminili e, da quel momento, il teatro fu considerato un luogo disdicevole, non adatto alle donne.
La nuova rotazione di kakemono intende invitare il visitatore a esplorare la varietà dell’universo femminile giapponese: dalle divinità alle dame di corte, dalle danzatrici alle popolane, senza dimenticare la simbologia di fiori e uccelli correlati alla femminilità.
Okame è la trasposizione teatrale di Ame no Uzume, divinità shintoista dell’alba e dell’allegria collegata al mito della dea del sole Amaterasu no Omikami. Secondo il mito fu Uzume, con la sua danza oscena e comica, a far uscire la dea dalla caverna in cui si era rinchiusa e a far tornare così la luce nel mondo. La danza di Okame viene talvolta eseguita come intermezzo farsesco (kyogen) del teatro no.
Via San Domenico, 9-11, Torino, Italia
Orari di apertura
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mercoledì | 10:00 - 18:00 | |
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