Il dipinto fu scoperto da Francesco Santi nel 1973 nel monastero di S. Francesco Borgo a Todi, acquistato nel 1976 e pubblicato nel medesimo anno come opera di Orazio Gentileschi (1562-1647), uno dei primi seguaci di Caravaggio. La scena, contraddistinta da un punto di vista molto ravvicinato, mostra le due figure l’una accanto all’altra, emergenti da un fondale scuro che ne risalta l’incarnato dei volti e la cromia delle vesti; la santa Cecilia indossa un abito in tessuto rosso ed è raffigurata sulla sinistra del dipinto nell’atto di suonare la spinetta, con il volto rivolto verso il basso, mentre l’angelo accanto a lei, in una veste giallo ocra, le rivolge lo sguardo intento a mostrarle lo spartito musicale. Il Santi collegava quest’opera con un dipinto di analogo soggetto (collezione Kress della National Gallery di Washington), che tuttavia mostra alcune varianti formali: la ghirlanda e l’aureola sulla testa della santa presenti solo nella versione di Perugia; la diversa posizione e illuminazione delle ali dell’angelo; la scelta degli strumenti musicali, una spinetta nel dipinto perugino e un organo nella versione di Washington. I due dipinti risultano entrambi collegati alla pala con La Vergine che presenta il bambino a santa Francesca Romana (già in Santa Caterina martire a Fabriano e oggi nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino). La critica non è concorde sulla cronologia dei dipinti, tuttavia Schleier ritiene la pala di Urbino il prototipo delle altre due, pur lasciando aperta la questione attributiva. Per la Santa Cecilia e un angelo di Perugia, è stato proposto un prototipo iconografico nella Maddalena del Riposo durante la fuga in Egitto di Caravaggio (Galleria Doria Pamphili), che si evince in particolare nell’interpretazione umanizzata del sacro; è stata inoltre avanzata l’ipotesi che possa trattarsi di una derivazione da un’opera del Gentileschi da parte di un artista non ancora identificato.