Nel corso degli anni trenta Marino Marini abbandona progressivamente la pittura e la grafica per dedicarsi alla scultura. Definisce subito i temi a lui più cari: tra questi il cavallo e il cavaliere fanno parte di una serie, alla quale la scultura che vedete esposta appartiene, che diverrà uno dei più emblematici filoni di ricerca per l’artista. Spiega Marini che: «C'è tutta la storia dell'umanità e della natura nella figura del cavaliere e del cavallo, in ogni epoca. È il mio modo di raccontare la storia. È il personaggio di cui ho bisogno per dare forma alla passione dell'uomo (…)». Questa piccola scultura appartiene probabilmente alle prime prove della serie Cavallo e Cavaliere, alla quale lo scultore si dedica fin dal 1935. Allo stesso anno risale infatti un gesso - in esemplare unico - dal titolo Piccolo Cavaliere, che coincide con l’opera bronzea che oggi possiamo ammirare nella Collezione Invernizzi. La libertà inventiva spregiudicata di Marino Marini reinterpreta l’antichità etrusco-romana in chiave espressionista, dando vita a un classicismo arcaicizzante spogliato da ogni tipo di monumentalismo, tipico degli anni trenta e quaranta. Marini ribalta completamente il concetto classico di statua equestre: le due figure infatti appaiono congiunte a rappresentare un’unità simbiotica primordiale tra umano e animale. Il cavallo e il cavaliere diventano con il passare degli anni forme sempre più dissolte e figure tragiche quasi espressioniste.