La giovane donna raffigurata è intenta alla lettura di un libro antico e si staglia contro uno sfondo neutro e tuttavia profondo, atmosferico, senza alcun dettaglio d’ambientazione se si esclude, sul limite destro del quadro, lo scorcio di una finestra, un’allusione alla fonte luminosa che resta dunque fuori dal campo visivo. Il volume è su un tavolo coperto da un panno verde e la donna tiene la mano sinistra al mento con espressione assorta, mentre poggia il gomito sul tavolo. Un mantello di velluto viola con risvolto blu, allacciato da una grossa spilla sulla spalla destra, lascia scoperte le ampie maniche di una camicia bianca e una veste di color arancio. Un improvvisato turbante le copre il capo. La donna, che raccoglie in sé le qualità dell’antica maga, della zingara, della giovane popolana, è la Sibilla Samia, come svela l’iscrizione sul taglio del libro che tiene con la mano sul fianco destro, una delle dodici che la chiesa occidentale riconobbe come profetesse della venuta di Cristo, vissuta attorno al 700 a.C. nell’isola greca di Samo.