L’opera raffigura il figliol prodigo inginocchiato sulle scale della casa paterna a chiedere perdono della dissipazione del denaro avuto in dono. La tela rappresenta al meglio la prima maturità del pittore. Guercino attua una sintesi tra il realismo compositivo di Ludovico Carracci, il colorismo di Ippolito Scarsella e le invenzioni architettoniche di ascendenza veneta. Una certa conoscenza della pittura caravaggesca è ravvisabile sia nella rappresentazione della figura del figliol prodigo sia nella raffigurazione del servo alle spalle dell’anziano padre. Nel primo caso il riferimento sembrano essere i personaggi nella Madonna dei pellegrini, opera del Merisi del 1604-1606 in S. Agostino a Roma. Nel secondo caso invece l’abito del servo rimanda a molti personaggi dipinti dal maestro: per esempio il ragazzo nella Buona ventura del 1596-97, conservata al Louvre. Guercino ha realizzato Il figliol prodigo nel 1617 a Bologna per l’arcivescovo Ludovisi. I buoni rapporti fra il cardinal Maurizio e il Ludovisi, ancor prima che questo diventasse papa nel 1621, ma da quando era nunzio straordinario in Savoia nel 1616 per risolvere le controversie tra Carlo Emanuele I e Filippo di Spagna, circa la disputa delle terre del Monferrato, possono essere stati il tramite per l’arrivo della tela a Torino. Questa compare infatti nell’inventario delle collezioni sabaude fin dal 1631.