La Collezione Invernizzi possiede un nucleo significativo di opere di Carlo Nangeroni. L’artista, nato a New York, si trasferisce in giovane età in Italia insieme al fratello. Nel 1944 i due sono costretti a scappare in Svizzera, perché sospettati di essere paracadutisti americani. A Bellinzona Carlo Nangeroni incontra per la prima volta, Lino Invernizzi. Racconta l’artista: «Ci hanno messo a riposare in un salone che sembrava un palcoscenico con tutti i pagliericci. Avevo un piede malandato per via della montagna e mi ero messo a riposare e poi ho sentito una musica, come una radiolina … e c’era questo signore che era Lino Invernizzi al quale dissi che non era proprio la musica che avrei voluto sentire… E allora abbiamo iniziato a chiacchierare. Lì cominciava un’amicizia strepitosa». Prima di tornare negli Stati Uniti, dove Carlo Nangeroni avrebbe vissuto dal 1946 al 1958, i due si rincontrano a Genova, per poi rivedersi a New York in occasione della mostra di Nangeroni presso la Meltzer Gallery. Ritornato in Italia nel 1958 e abbandonate le esperienze di matrice materico-espressionista, l’artista nei primi anni sessanta orienta la sua ricerca verso un nuovo rigore geometrico, incentrato sulle variazioni cromatico-percettive di strutture modulari, sempre basate su una precisa costruzione geometrico-spaziale. I cerchi invadono completamente il piano attraverso una texture cellulare, per creare veri e propri percorsi dinamici. “Questa iterazione dell’elemento circolare - afferma Nangeroni - corrisponde ad un graticcio-guida che poi svolgo sulla superficie”. “Il cerchio ripetendosi riempie la superficie, fornendo così l’indicazione della possibilità d’espansione oltre i margini del supporto”.