La tavola raffigura la Vergine che sostiene con la mano sinistra il Bambino benedicente e con la destra uno specchio; il trono su cui è seduta è rivestito con un tessuto a quadretti. Sotto la predella sono visibili la piccola figura del committente e l'iscrizione: IN GREMIO MATIRS FULGET SAPIENTIA PATIRS. L'icona può essere considerata una delle più significative della regione. L'iconografia della Vergine, pur collegandosi alle altre presenti in Abruzzo per l'impianto lineare dell'immagine ed un certo allungamento delle figure, se ne distacca per la mancanza di ogni elemento naturalistico e popolare. E' evidente la ricerca di una certa eleganza formale nell'ovale del volto di Maria, su cui sono delineati con fermezza i lineamenti, e nei fasci delle pieghe della veste, la cui sobria volumetria è sottolineata da lumeggiature in oro e da un sapiente accostamento dei colori, dal verde brillante del velo, al marrone bordato di rosso della veste, al giallo della tunica del Bambino. Attribuita in un primo tempo dal Garrison ad un pittore umbro-marchigiano operante tra il 1275 ed il 1285, vicino all'autore di un'altra Madonna conservata nel Museo di Toledo, fu poi riconosciuta come opera di un artista abruzzese, databile intorno al 1250-1275. La tavola si può avvicinare ai modi della Madonna di Mercatello firmata da Bonaventura di Michele, della seconda metà del secolo XIII. Secondo Federico Zeri (1988) questa tavola è uno dei rari quadri italiani dipinti non direttamente su tavola, ma su un foglio di pergamena, poi lucidato e lustrato... La tavola proviene da un rifugio benedettino di Sivignano di Capitignano (AQ) sulle cui rovine fu eretta nel 1702 (data documentata da un'iscrizione posta sull'architrave della porta) la Chiesa di S. Pietro.